Cambiamento climatico: il progetto “Rescue Permafrost”

I cambiamenti climatici rappresentano una minaccia significativa per molti ecosistemi montani. Non solo lo scioglimento dei ghiacciai, ma anche il disgelo del permafrost – uno strato di terreno permanentemente ghiacciato – minaccia oggi gli habitat alpini. Quando il permafrost, che “incolla” la roccia come un cemento naturale, scompare, si verificano erosione del suolo e danni alle infrastrutture e agli edifici in montagna. Nell’ambito del progetto “Rescue Permafrost“, gli scienziati delle Dolomiti d’Ampezzo hanno effettuato una prima analisi dinamica degli effetti di una possibile soluzione tecnologica per raffreddare la temperatura del suolo. A questo progetto pionieristico partecipa anche un gruppo di ricerca della Facoltà di Ingegneria della Libera Università di Bolzano.

Il progetto

La stazione a monte della seggiovia Pian Ra Valles – Bus Tofana funge da area di prova. Qui verranno sperimentate soluzioni per prevenire o rallentare il disgelo del permafrost. Un possibile strumento è un circuito di raffreddamento innovativo che sposta il calore dalle zone più fredde a quelle più calde. Con un sistema geotermico gestito in combinazione con una pompa di calore alimentata da moduli fotovoltaici. Il calore può essere estratto dal permafrost attraverso il raffreddamento e rilasciato nell’ambiente. Questo processo è alimentato principalmente da fonti di energia rinnovabili, motivo per cui il progetto “Rescue Permafrost” non è solo molto innovativo, ma anche ecologicamente sostenibile.

In una prima fase, il team di ricerca ha verificato l’efficienza del sistema e il suo contributo alla conservazione del permafrost e alla stabilità geologica dell’area. Il primo passo è stato una simulazione in cui è stata studiata la reazione del suolo alle sollecitazioni climatiche esterne, seguita da un’analisi dell’impatto della soluzione proposta, ossia il sistema geotermico, sul profilo di temperatura del suolo. A tal fine, è stato installato un sistema di sensori nel terreno e nelle sonde del sistema geotermico per monitorare le condizioni termiche e garantire che il sistema potesse funzionare in condizioni ottimali.

Cambiamento climatico: i ghiacciai delle Alpi a rischio

Un anno estremo segue l’altro: nel 2022 i ghiacciai della Svizzera si sono ridotti del 6% e nel 2023 del 4%. Ciò significa che il dieci per cento del volume di ghiaccio è scomparso in soli due anni. Così viene riportato dalla Commissione svizzera per l’osservazione criosferica. Le serie di misurazioni dei ghiacciai svizzeri sono le più lunghe al mondo. La posizione di alcune lingue dei ghiacciai è stata misurata ininterrottamente per 140 anni. La quantità di neve e lo scioglimento dei ghiacci invece per più di cento anni. Se l’Accordo di Parigi verrà rispettato e le temperature si stabilizzeranno dopo il 2050, dovrebbe rimanere circa un terzo del ghiaccio dei ghiacciai svizzeri. Se il riscaldamento globale continuerà incontrollato, tutti i ghiacci delle Alpi scompariranno entro il 2100. Fanno eccezione alcuni piccoli resti al di sopra dei 4000 metri.

La massiccia perdita di ghiaccio in Svizzera

La massiccia perdita di ghiaccio in Svizzera è dovuta alle scarse precipitazioni nevose in inverno e alle alte temperature in estate. Lo scioglimento dei ghiacciai ha interessato tutta la Svizzera. Nel sud e nell’est della Svizzera, i ghiacciai si sono sciolti quasi allo stesso ritmo dell’anno record del 2022. Nel Vallese meridionale e in Engadina, è stato misurato uno scioglimento di diversi metri di ghiaccio a oltre 3200 metri. A quest’altitudine ghiacciai erano ancora in equilibrio fino a poco tempo fa. La perdita media di spessore del ghiaccio è di tre metri e supera nettamente i valori dell’estate 2003. La situazione tra l’Oberland bernese e il Vallese è un po’ meno drammatica. Qui l’inverno non è stato altrettanto povero di neve. Tuttavia, la perdita di oltre due metri di spessore medio del ghiaccio è ancora molto elevata.

L’inverno 2022/2023 non ha registrato quasi nessuna precipitazione nelle Alpi svizzere ed è stato molto caldo. Di conseguenza, in tutte le stazioni di misurazione si è registrata una quantità di neve significativamente inferiore al solito. Al di sopra dei 1000 metri, le condizioni di febbraio e inizio marzo si sono distinte. Nella prima metà di febbraio, le quantità neve misurate erano per lo più ancora leggermente superiori a quelle degli inverni poco nevosi del 1964, del 1990 e del 2007. Nella seconda metà di febbraio, invece, le quantità di neve sono scese a nuovi record e si sono attestate solo al 30% della media a lungo termine. Anche al di sopra dei 2000 metri, più della metà delle stazioni automatiche con serie di misurazioni di almeno 25 anni ha mostrato valori minimi mai registrati prima.

I ghiacciai sono i più grandi serbatoi di acqua dolce del mondo

I ghiacciai contribuiscono in modo significativo al livello dell’acqua dei fiumi, soprattutto durante i mesi estivi. Il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) aveva già previsto nel 2019, in un rapporto speciale sugli oceani e sui depositi di ghiaccio e neve, che i ghiacciai a bassa quota come quelli delle Alpi avrebbero perso circa l’80% della loro massa entro la fine di questo secolo. Nel suo Rapporto di valutazione pubblicato nel 2022, l’IPCC ha classificato lo scioglimento globale dei ghiacci e della neve come una delle dieci maggiori minacce del cambiamento climatico.

La fine della maggior tutela

Da diverse settimane i media parlano dell’imminente fine del servizio di maggior tutela per i clienti domestici nella primavera del 2024. Come soci di Ötzi Elettricità mia siete già sul mercato “libero” – e non dovete fare nulla. Nonostante l’alta probabilità di un ennesimo rinvio, i consumatori ancora “protetti” dovranno prima o poi agire.

Qual ora nella vostra famiglia, tra gli amici e i conoscenti ci dovessero essere clienti tutt’ora sul mercato tutelato, perchè non consigliare Ötzi? Come cooperativa e con prezzi equi, Ötzi Elettricità mia è sempre un’ottima alternativa. I consumatori che ancora ricevono l’elettricità dal servizio di maggior tutela, se non sceglieranno di passare al mercato libero, prima o poi saranno automaticamente “messi all’asta”. Questo significa che saranno rilevati da un fornitore di elettricità che ha vinto un bando.

Ciò significa: l’elettricità proviene da un nuovo fornitore che emette anche la bolletta elettrica. Questa società potrebbe non avere sede in Trentino-Alto Adige. Inoltre non è certo che offra servizi bilingui e – con ogni probabilità – non avrà sportelli sul territorio. Se non sapete che tipo di offerta avete al momento, potete trovare l’informazione sulla propria bolletta alla voce “tipo mercato”. Ancora una volta: come cooperativa e con prezzi equi, Ötzi Elettricità mia è sempre un’ottima alternativa!

Il contesto: dal 1° luglio 2007 il mercato dell’energia in Italia è stato liberalizzato. Ciò significa che tutti i clienti sono liberi di decidere da quale fornitore e a quali condizioni acquistare energia elettrica. Nel servizio di maggior tutela per i clienti domestici, l’autorità di regolamentazione ARERA stabilisce le condizioni di fornitura – e quindi anche il prezzo dell’elettricità – in modo vincolante. Questi clienti acquistano l’elettricità dal cosiddetto Acquirente Unico, che compra l’energia elettrica per il servizio di maggior tutela sul mercato elettrico nazionale e internazionale. Le società di distribuzione locali o regionali trasmettono l’energia attraverso le loro reti ai clienti ed emettono le bollette.

Sul mercato libero, i clienti che hanno scelto autonomamente il proprio fornitore di energia elettrica effettuano gli acquisti. Tra questi ci sono anche i soci di Ötzi Elettricità mia. In questo caso, le condizioni di fornitura sono concordate dalle parti contraenti. Attenzione: la fine del servizio di maggior tutela è stata spesso annunciata e poi rinviata. In caso di nuovo rinvio, vi informeremo tempestivamente.

Il buon esempio: Energie Samen nei Paesi Bassi

“La nostra fornitura di energia è migliore, più equa e sostenibile quando i consumatori hanno maggior controllo e possono partecipare attivamente”. Questo è il motto di Energie Samen. Questa organizzazione ombrello nonchè rappresentatrice di interessi con sede a Utrecht rappresenta tutte le cooperative energetiche e le iniziative energetiche collettive nei Paesi Bassi dal 2018. Nel 2022 in questo paese c’erano 705 cooperative energetiche con oltre 120.000 membri. La crescita del settore cooperativo nel settore energetico è stata in calo negli ultimi anni. Al momento, sembra che nei Paesi Bassi sia stato raggiunto un punto di saturazione. Quasi l’86% di tutti i comuni ha una cooperativa energetica attiva. Tutti i dati sulle cooperative energetiche olandesi sono disponibili online. Il “Local Energy Monitor” gestito da Samen offre una panoramica dettagliata e aggiornata.

Oltre a rappresentare gli interessi, Samen supporta le cooperative socie offrendo diversi servizi. Assistono i soci dalla concessione di prestiti alla connessione alla rete, passando dalle assicurazioni. L’organizzazione promuove inoltre nuovi progetti cooperativi fornendo competenze economiche e tecniche. Inoltre dirige l'”Accademia Get Together” con focus su gestione delle reti, calore, vento e sole, oltre a risparmio e povertà energetica. Energie Samen è una cooperativa, il che significa che le cooperative energetiche e le associazioni affiliate hanno diritto di voto all’assemblea generale. L’ultimo progetto è ambizioso. Il progetto “Unser Noordzeestroom” intende costruire il primo parco eolico cooperativo nel Mare del Nord. Così i cittadini e le aziende, avrebbero energia disponibile a un prezzo stabile ed equo per tutti.

Il buon esempio: la Cooperativa Centrale Elettrica Fleres

Fließendes Wasser mit Logo E-Werk Pflersch Acqua che scorre con logo Consorzio Elettrico di Fleres

Niente elettricità, niente turismo. Ecco un esempio dall’Alta Valle Isarco: durante la monarchia K&K, Colle Isarco era una stazione climatica conosciuta in tutta Europa. Ludwig Gröbner vi costruì un noto Grand Hotel per il turismo nobiliare borghese. Vi aggiunse la propria centrale elettrica nella cosiddetta “Wielandschmiede” (oggi Billinghaus) intorno al 1886. Essendo una delle prime centrali elettriche dell’Alto Adige, entrò in funzione solo poche ore prima della centrale elettrica del Mulino Rössler di Bolzano. All’epoca, il vicino comune di Fleres era popolato da pochi contadini. Ci vollero molti anni prima che fosse disponibile l’energia elettrica. Nel 1922 la Cooperativa Centrale Elettrica  Fleres costruì la centrale elettrica di Boden. Così furono gettate le basi per l’elettrificazione indipendente e cooperativa della valle. Il 14 novembre 1923, scorre la prima corrente elettrica locale.

100 anni dopo la Cooperativa Centrale Elettrica Fleres non solo gestisce quattro centrali idroelettriche, ma gestisce anche la rete elettrica e la rete locale in fibra ottica. Il 20 agosto, Fleres ha celebrato il 100° anniversario della prima centrale elettrica di sua proprietà. “100 anni fa c’erano difficoltà, dalle difficoltà è nato il coraggio, dal coraggio è nata l’ambizione. L’ambizione ha portato alla coesione e all’unità per realizzare le cose”, ha detto il presidente della Cooperativa elettrica di Fleres Paul Röck nel suo discorso di benvenuto. Una cosa è certa: questo coraggio e questa ambizione ci farebbero molto bene oggi!

Politica climatica: il piano regionale

Pagina iniziale del piano clima Alto Adige 2040

La Giunta provinciale ha adottato il Piano per il clima dell’Alto Adige 2040 con obiettivi specifici di intervento. Il piano comprende 157 misure in 17 campi d’azione, tre obiettivi sovraordinati sono il filo conduttore dell’intero documento di pianificazione. Ad esempio, le emissioni di anidride carbonica (CO2) devono essere ridotte del 55% entro il 2030 e del 70% entro il 2037.

Di conseguenza, l’Alto Adige dovrà essere neutrale dal punto di vista climatico entro il 2040. La quota di energie rinnovabili deve aumentare dall’attuale 67% al 75% entro il 2030 e all’85% nel 2037. La provincia vuole ridurre le emissioni di gas serra da agricoltura e silvicoltura del 10% entro il 2030 e del 40% entro il 2040 rispetto ai livelli del 2019. Tre settori producono oggi in Alto Adige emissioni di gas serra particolarmente elevate: i trasporti (44%), i vari processi di combustione dell’energia (29%) e l’agricoltura (17%).

La Federazione Energia Alto Adige SEV condivide molte delle idee della “parte specifica” del piano climatico. Li integra con proposte nei settori dell’energia idroelettrica, del teleriscaldamento, del biogas, dell’energia eolica e del fotovoltaico. I potenziali dell’energia idroelettrica non ancora sfruttati sono l’ottimizzazione e l’ammodernamento degli impianti esistenti. Inoltre si considera e la costruzione – ecologicamente innocua – di nuove centrali su tratti fluviali non ancora utilizzati per lo scopo. L’aumento della produzione fotovoltaica proposta della regione è “difficilmente realizzabile” utilizzando solamente superfici come tetti e facciate. L’uso di spazi terreni e l’agro-fotovoltaico rispettoso del paesaggio potrebbero dare un “contributo decisivo”. Potrebbero sostenere le aziende agricole e proteggere la biodiversità.

L’obiettivo principale del Piano per il clima dell’Alto Adige dovrebbe essere l’utilizzo primario di fonti energetiche rinnovabili territoriali. Inoltre anche e lo sviluppo di cicli economici regionali e strettamente interconnessi. Il direttore del SEV e di Ötzi, Rudi Rienzner: “Più elettricità e calore vengono prodotti con risorse proprie come acqua, sole, vento o biomassa, maggiore sarà la nostra autonomia energetica”. Le piccole e medie imprese energetiche e le cooperative energetiche, che da decenni riforniscono in modo affidabile i paesi e le vallate dell’Alto Adige con energia “verde”, sono esemplari per il raggiungimento di questo obiettivo. Una moderna politica climatica deve quindi essere decentrata e democratica. “Solo chi ascolta davvero la gente e la coinvolge può ottenere qualcosa. Una protezione del clima efficiente si crea sul campo – e non nei dipartimenti di pianificazione del palazzo provinciale di Bolzano.

Cambiamento climatico: la reazione delle piante

Non solo gli umani e gli animali: anche il mondo vegetale sta reagendo ai cambiamenti climatici, ormai da molti anni. Per proteggersi dalle conseguenze del riscaldamento globale le piante della regione alpina sono migrate in alto di circa 200 metri. Questo è successo negli ultimi quarant’anni. Come si adattano le piante a queste mutate condizioni di vita? Un team di Eurac Research sta prelevando campioni di piante e studiando le loro reazioni a diverse altitudini. Questa ricerca è stata svolta in collaborazione con le università di Verona e Innsbruck

Nelle quattro camere iperbariche del centro terraXcube per la simulazione di climi estremi all’Eurac di Bolzano, diverse specie vegetali della Val di Mazia, che crescono a circa 1.500 metri sul livello del mare, vengono trasferite artificialmente ad altitudini superiori. Nel processo, fattori importanti come temperatura, umidità e condizioni di luce rimangono invariati. Cambia solo la pressione dell’aria. Il motivo: gli effetti della temperatura più elevata e della radiazione solare più intensa sono noti. Ma il modo in cui il cambiamento della pressione dell’aria influisce sulla crescita delle piante è in gran parte sconosciuto.

Nelle camere climatiche, i ricercatori hanno ricreato diverse condizioni ambientali, tipiche della regione alpina. In una delle camere viene simulata la pressione dell’aria della Val di Mazia, a 1.500 metri sul livello del mare. In un’altra, gli organismi rimangono all’altitudine di Bolzano (200 metri), mentre nella terza camera climatica il team di ricerca porta le piante e gli organismi a 2.500 metri. Questa altitudine non è stata scelta a caso. Secondo i modelli climatici per l’anno 2100, molte piante saliranno da 600 a 1.000 metri di altitudine. Questo accadrà prevedibilmente a causa del riscaldamento globale. Nella quarta camera climatica vengono simulati anche 4.000 metri di altitudine per studiare come le piante in questo habitat estremo reagiscono alla bassa pressione dell’aria.

I microbiologi dell’Università di Innsbruck stanno studiando come l’altitudine influisca sui microrganismi presenti nel suolo del terraXcube di Bolzano. Questi organismi vengono studiati sia indipendentemente che in stretta interazione con le piante vicine. Ad esempio, alcune piante sono coltivate in un terreno sterilizzato senza microrganismi, mentre altre sono coltivate nel terreno della Val di Mazia, con i microrganismi che vi vivono. Il team di ricerca sta anche testando la reazione fisiologica delle colture microbiche pure. In questo modo, i ricercatori vogliono capire quali microrganismi si adattano meglio alle altitudini più elevate e quali organismi sono in grado di ridurre gli effetti negativi dell’altitudine sulle piante.

AI: quanta elettricità consuma l’intelligenza artificiale?

Programmi di traduzione, assistenti linguistici o filtri antispam: l’intelligenza artificiale è già oggi onnipresente e, come il Bitcoin mining, consuma molta energia. Questo vale soprattutto per i generatori di testo come ChatGPT o Bard. Secondo un recente studio dell’Università del Massachusetts Amherst, negli Stati Uniti, l’addestramento di una singola rete neuronale emette tanta CO2 quanto cinque automobili convenzionali con motore a combustione. Nello specifico: nel loro studio, i ricercatori hanno esaminato quattro diversi modelli che elaborano il linguaggio: tali modelli NLP (natural language processing) sono utilizzati nel campo del riconoscimento vocale e della traduzione automatica online. Per misurare il consumo energetico della CPU e del processore grafico, ognuno di questi modelli è stato “allenato” per un solo giorno. Ciò significa che sono stati caricati in una rete neurale enormi quantità di dati. Sulla base di una chiave di conversione della US Environmental Protection Agency (EPA), i valori di consumo delle fasi di lavoro sono stati poi convertiti in valori di emissione. L’evoluzione dei precursori di ChatGPT-3 sottolinea il problema: nel 2018, il modello BERT ha ottenuto le migliori prestazioni dopo essere stato addestrato su un set di dati di tre miliardi di parole. XLNet ha superato BERT con un set di addestramento di 32 miliardi di parole. Poco dopo, GPT-2 è stato addestrato su un set di dati di 40 miliardi di parole. Per addestrare GPT-3 è stato utilizzato un set di dati di circa 500 miliardi di parole (45 TB di informazioni provenienti da varie fonti come libri elettronici, testi web, Wikipedia e dati Common Crawl degli ultimi otto anni). Secondo gli studi iniziali, l’addestramento di GPT-3 avrebbe generato circa 550 tonnellate di CO2. Anche una breve interazione con ChatGPT può portare a un grande consumo di risorse. Secondo i calcoli attuali, solo venti messaggi di testo con questo tipo di intelligenza artificiale consumano mezzo litro d’acqua per raffreddare i server che eseguono il modello.

La gestione dei dati consuma da tempo enormi quantità di energia elettrica. Un esempio: già nel 2017, i data center tedeschi hanno richiesto 13,2 miliardi di kilowattora di elettricità, che corrispondono al consumo annuale di elettricità di Berlino. Nel complesso, la domanda di energia dei data center tedeschi è aumentata di oltre il 25% negli ultimi dieci anni. Nello stesso periodo, il consumo globale di elettricità è aumentato del 70%.

Elettricità: la buona notizia

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I combustibili fossili hanno generato solo il 33% dell’elettricità dell’UE nella prima metà del 2023, secondo una ricerca dell’autorevole think tank Ember. Il consumo di combustibili fossili come il gas naturale e il carbone sono diminuiti del 17% nel periodo gennaio-giugno rispetto alla prima metà del 2022. Secondo lo studio, la produzione di elettricità a carbone nell’UE è diminuita del 23% su base annua nella prima metà dell’anno, mentre la produzione di elettricità a gas è scesa del 13%. La produzione di elettricità da energia solare è aumentata del 13% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, quella da energia eolica del 4,8% e quella da energia idroelettrica dell’11%. Allo stesso tempo, la domanda di energia – a causa dei prezzi elevati e della minore produzione industriale – è diminuita del 4,9%. Tuttavia, questo calo dei consumi non è né sostenibile né auspicabile nel medio-lungo termine, poiché l’Europa deve invece aumentare la domanda di elettricità per applicazioni finali (come veicoli elettrici o pompe di calore) al fine di raggiungere gli obiettivi climatici.

A casa: lavaggi “eco” aiutano a risparmiare denaro ed energia

Lavatrice Waschmaschine

Anche se i prezzi dell’elettricità sono significativamente più bassi rispetto all’anno scorso, non bisogna perdere di vista l’obiettivo di risparmiare quanta più energia elettrica possibile. Secondo un recente sondaggio, in Germania solo poco meno di un terzo dei consumatori utilizza la modalità “eco” dopo aver acquistato elettrodomestici moderni ed ecologici per il lavaggio delle stoviglie. Nel caso della lavatrice, addirittura solo il 15%, perché i cicli di lavaggio “ecologici” richiedono più tempo rispetto ad altre impostazioni di programma. La lavatrice abbassa la temperatura e lascia agire il detersivo più a lungo. In questo modo si risparmia molta elettricità rispetto ai cicli di lavaggio “normali” e si riducono le emissioni di gas serra. Il lavaggio a 40 anziché a 60 gradi richiede solo la metà dell’energia. A 30 gradi solo un terzo. E anche a 20 gradi i capi normalmente sporchi possono diventare puliti. In breve, bisogna pianificare un po’ di tempo in più, ma ne vale sempre la pena.